La Terapia della Bambola (Doll Therapy) e l’Alzheimer
La “prima” bambola per mia madre fu un regalo di mia zia.
Era proprio una bella bambola, espressione dolce, con gli occhi azzurri, i capelli biondi, un bel vestito colorato, questa fu la prima bambola di mia mamma all’età di 67 anni.

La mamma e la sua bambola
Arrivò come regalo di Natale del 2015 e, a mia madre, pareva proprio piacere tanto questa bella bambola.
A volte la portava con sè nella sala comune del CRA o la lasciava in camera, per ritrovarla durante il pisolino pomeridiano o la notte.
La metteva proprio a fianco a lei, con la testa sul cuscino, sotto le coperte.
A volte le OSS del CRA mi dicevano che la notte l’abbracciava.
Le piaceva così tanto che qualcun’altro decise di ampliare la sua “compagnia” con un bel Winnie the Pooh e io stessa le regalai un pappagallo di peluche tutto colorato.
Ma che cos’è la Terapia della Bambola o Doll Therapy?
La Terapia della Bambola o Doll Therapy, oppure chiamata anche Empathy Doll, può essere utilizzata come terapia di supporto per le persone con disturbi comportamentali.
I testi dicono che la Terapia della Bambola favorisce il rilassamento e diminuisce lo stato di agitazione.
In mia madre non si sono mai evidenziati fino ad oggi stadi di agitazione, però la bambola sembrava comunque darle un senso di benessere, poi un giorno all’improvviso le sue attenzioni cambiarono.
Un giorno scattò in lei qualcosa che le fece decidere che quella bambola non doveva avere più avere gli occhi, provava costantemente a staccaglieli.
Ma perché staccava gli occhi alla bambola?
Questa cosa creava in me un po’ di inquietudine, non riuscivo a dare una spiegazione a questo atteggiamento e anche se provai a domandarle <<il perché?>>, non ottenni alcuna risposta.
Inoltre, questo comportamento si andava a sommare ad episodi che mi turbavano fortemente, la mamma in quel periodo spesso mi diceva e chiedeva della morte, ma questa è un’altra storia.
Alle mie domande non ho mai trovato una risposta, solo ultimamente ho compreso che non potevo dare un significato a questo, ma che la bambola, per mia madre, era comunque un simbolo.
Parlando con Patrizia dei Simboli (QUI, se volete, l’articolo dedicato) ho capito l’importanza di riconoscere un simbolo, non tanto per comprenderne il significato intrinseco ma, per rispettarlo come tale.
Validation parla di bambole e bambolotti come “oggetto” simbolo di maternità o mancata maternità e allora chissà, la mamma magari vedeva in quella bambola me o magari il figlio mancato .
Ma perché voleva toglierle gli occhi? Forse non voleva essere vista o semplicemente quegli occhi per lei erano dei bottoni, in fondo la mia mamma faceva come lavoro la sarta.
Domande a cui purtroppo non riceverò mai risposta, così come molte altre.
La bella bambola non c’è più, la mamma alla fine era riuscita a staccarle gli occhi, ma è rimasto Winnie the Pooh, il pappagallo e un morbidissimo panda con occhi disegnati, che le ho regalato qualche giorno fa per il suo compleanno.
In una delle nostre ultime call su Skype lo abbracciava e me lo mostrava alla telecamera!
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