COME AIUTARE LA PERSONA DISORIENTATA CHE HA PAURA

Oggi vi raccontiamo una storia, una storia vera, basata su un’esperienza vissuta da Patrizia.

La storia vede protagonista Elvira (nome di pura fantasia) ospite di un centro e Patrizia, che le porta come ogni mattina la terapia farmacologica.
Patrizia però quella mattina trova Elvira che ha paura…

LA STORIA DI ELVIRA E LA SUA PAURA

«Ho paura!»

Elvira mi accoglie così quella mattina quando vado in camera per portarle la terapia!

In effetti si alza verso di me e si aggrappa alla mia divisa, lo sguardo spaventato e il respiro affannoso, l’atteggiamento di chi sta per fare uno scatto per scappare e, se non fosse che non riesce più a camminare, sarebbe già chissà dove.
Poi inizia a parlarmi in modo concitato, con la sua “insalata” di parole.

Elvira è una signora nella Terza Fase che parla ancora molto anche se la sua capacità di linguaggio è compromessa e i termini che usa sono spesso di fantasia, mescolanze di parole e a volte anche di parole inventate.

Lei però ha una tale voglia di comunicare che mette insieme i suoi termini “poetici” con delle parole di senso compiuto e le sciorina con una scorrevolezza tale da risultare, se non ci si sofferma sui termini, proprio una grande oratrice.
E lei, anche se si accorge che il suo interlocutore non capisce, non si arrabbia e continua il suo discorso.

Quella mattina però non ha la sua solita voglia di conversare, è proprio impaurita e vedendola così decido di “rubare” cinque minuti al mio lavoro e fermarmi con lei.

Mi siedo vicino al letto, le prendo la mano e la prima cosa che mi viene spontaneo chiederle è «di cosa ha paura?» e la sua risposta chiara è «non lo so» e poi inizia a parlare.

Ogni tanto riesco ad intercettare qualche parola come “mamma” e subito gliela rimando «ah, mamma!» e lei fa segno di si e va avanti, poi colgo un “loro” e subito chiedo in tono interrogativo «loro?» e lei risponde nuovamente di si.

Elvira prosegue dicendo cose che non capisco ma ogni tanto annuisco, se sorride le rimando un sorriso e se sento il tono arrabbiato adeguo l’espressione del mio viso alla sua rabbia.

Nel frattempo la sua stretta sulla mia divisa si è allentata, si è rilassata sul letto, il respiro si è calmato e lo sguardo si è fatto più limpido, la paura se n’era andata insieme con le parole.

Nei pochi minuti che le ho dedicato, non credo di avere detto più di 5 o 6 parole, semplicemente ho ascoltato il fiume delle sue e, quando le ho detto che purtroppo dovevo tornare al lavoro, lei mi ha guardata e con un sorriso spettacolare mi ha risposto «si, si, grazie» e si è allungata a darmi un bacio.

Più tardi, quando mi ha rivista e mi sono avvicinata, ha preso la mia mano, l’ha portata alla guancia dicendo prima un qualcosa che non ho capito e poi «sei buona!».

La paura che c’era prima in quel momento non c’era più.

CHE COSA CI AIUTA A CAPIRE QUESTO RACCONTO?

Ho preso ad esempio questa situazione perché, anche se non sempre il risultato è così evidente, in questo caso ho visto molto bene che il semplice ascolto è stato quello che ha permesso ad Elvira di portare alla luce la paura che sentiva e in qualche modo di lasciarla andare. (vedi il Principio N° 4 )

E quella mattina ho avuto la conferma che, anche l’anziano in difficoltà con le parole può sentirsi ascoltato e accolto al di là delle parole che dice, se solo sappiamo ascoltare le sue emozioni/sensazioni.

L’ARGOMENTO DEL PROSSIMO APPUNTAMENTO

Sperando come sempre questo articolo vi possa essere d’aiuto vi diamo appuntamento al prossimo articolo dedicato al metodo Validation in cui parliamo di Realtà emotiva e Realtà dei fatti: e se non coincidono?

Vi ricordiamo inoltre la possibilità di iscriversi al Gruppo Chiuso Storie di Alzheimer, un luogo dove condividere le proprie esperienze e trovare conforto.

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E come sempre vi invitiamo a condividere in forma privata le vostre storie: « c’è un episodio in cui avete visto “la paura” nel vostro caro

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Trovo indispensabile sottolineare che il metodo Validation può essere applicato avendo la consapevolezza che alcuni piccoli suggerimenti, da soli, non potranno portare a risultati “miracolosi”


Patrizia Gelmi Formatrice Validation ®

Ben trovato a chi ha deciso di conoscere il metodo Validation attraverso Storie di Alzheimer.
Il tema all’interno di Storie di Alzheimer non ha l’obbiettivo di formare,
esistono infatti incontri e corsi strutturati a questo scopo, ma bensì di “dialogare”.
L’obbiettivo è portare a conoscenza delle famiglie il metodo che ha cambiato negli ultimi 15 anni la mia vita, sia dal punto di vista lavorativo che personale.

Ti stai domandando se il tuo comportamento è corretto?

Hai una storia da raccontare?