Perché nel metodo Validation si parla di disorientamento piuttosto che di demenza?

Per capire questo passaggio, dobbiamo partire dalla teoria degli stadi e dei compiti della vita di Erik Erikson dalla quale Naomi Feil è partita per sviluppare questo aspetto teorico del metodo.

Erik Erikson fu uno psicologo e psicoanalista tedesco naturalizzato statunitense che si è formato a Vienna con Anna Freud ed ebbe come insegnante Sigmund Freud.

Erikson afferma che la vita si divide in fasi evolutive che si susseguono dalla nascita alla vecchiaia, fino al momento della morte.

Egli sostiene che il tema principale della vita sia la ricerca dell’identità.

Ogni fase contiene uno specifico “compito” che l’uomo dovrebbe portare a termine prima di passare alla fase successiva e affrontarne il relativo compito e così via fino all’ultimo.

Se ciò non avviene è comunque possibile recuperare ed integrare in una fase successiva il “compito” non acquisito.

Per tutta la vita ci chiediamo «Chi sono io?» ed in ogni fase diamo una risposta diversa a questa domanda.
Se ad ogni passaggio il compito viene assolto, alla fine di ogni fase il senso di identità del bambino prima, e del giovane e adulto poi, viene riconfermato e via via arricchito di nuovi aspetti.

Così, l’identità subisce una trasformazione da uno stadio all’altro e le precedenti forme di identità influenzano le forme successive.

Perchè Validation funziona (così bene) soprattutto con il grande anziano?

Erikson inizialmente divide l’intero ciclo vitale in «otto età dell’uomo» che successivamente vengono arricchite di una nona fase che rappresenta un po’ il traguardo che può essere raggiunto ed è l’integrità dell’individuo.

Lo scopo di questo percorso a tappe è, per ognuno di noi, di arrivare alla vecchiaia psicologicamente “integro/completo” e ciò è possibile solo se, a mano a mano che ci imbattiamo nei vari compiti della vita, riusciamo ad acquisire la capacità di elaborare i meccanismi e le strategie che ci consentono di affrontare e gestire i cambiamenti, le perdite e i traumi che la vita ci pone di fronte.

Questo meccanismo di evoluzione della personalità è un percorso che inizia alla nascita e continua senza interruzione fino al momento della morte.

Ed è nel mancato raggiungimento dell’integrità che Naomi Feil ha identificato la base dei meccanismi che portano al disorientamento e alla risoluzione.

Per comprendere meglio questo passaggio vediamo ora la teoria di Erikson, mettendo a confronto, quello che accade se si porta a termine il compito relativo allo stadio corrispondente, con quello che invece succede se, per qualche motivo, non si riesce:

 


FASE EVOLUTIVA
COMPITO / COMPETENZAMANCATA ACQUISIZIONE
1° PRIMA INFANZIA
( 0 – 2 anni )
FIDUCIA

Il bambino impara ad avere fiducia se chi si occupa di lui risponde ai suoi bisogni di base che comprendono il nutrimento, il calore, la pulizia e il contatto fisico. In quel caso si sente amato ed impara ad amare se stesso e gli altri. La fiducia verso la madre rappresenta per il bambino la fiducia universale, verso tutto il mondo, la realtà che lo circonda e la possibilità di influenzare gli eventi. Grazie ad un’equilibrata integrazione di fiducia, sfiducia e speranza il bambino può imparare a tollerare la frustrazione e le delusioni, acquisendo così la capacità di ridefinire continuamente i propri progetti proiettandosi nel futuro.

SFIDUCIA

Se la relazione con la figura materna si presenta disturbata, il bambino sviluppa un intenso senso di sfiducia che gradualmente si espande a tutta la realtà che lo circonda.

DI CONSEGUENZA:

Si sente impotente. Colpevolizza gli altri. Teme le novità. Accumula per compensare.

2° INFANZIA
( 2 – 3 anni )
AUTONOMIA

Il bambino impara ad essere autosufficiente in molte attività, fra cui andare in bagno, camminare e parlare. Comincia a distinguersi dalla madre, a non vederla più come una cosa unica legata a sé. Nasce il senso di autonomia, il bambino acquisisce il coraggio di abbandonare la base sicura rappresentata dalla madre, per iniziare ad esplorare l’ambiente. Se non verrà ostacolato questo processo, il bambino si avvierà ad una sempre maggiore indipendenza.

VERGOGNA

Se il bambino viene bloccato nei suoi tentativi o deriso, nascono in lui la vergogna e il dubbio di non farcela.

DI CONSEGUENZA:

Ha paura di rischiare, ha dubbi sulle proprie capacità. Accumula per compensare e non riesce a dire di no.

3° ETÀ del GIOCO
( 4 – 5 anni )
INIZIATIVA

Il bambino diventa esplorativo, curioso, si intromette, prende l’iniziativa, si prefigge e porta avanti un progetto. Se viene accompagnato, e non punito, in questa nuova situazione impara a prendere iniziative. Erikson ritiene questa stadio sia di estrema importanza; è infatti, il periodo in cui comincia a formarsi anche il senso della moralità e del dovere.

SENSO DI COLPA

Se il bambino non vede accettate le nuove curiosità, o viene punito per esse (soprattutto quelle sessuali), sviluppa il senso di colpa.

DI CONSEGUENZA:

Ha paura di sbagliare e delle novità. Ha sensi di colpa. Davanti all’errore diventa accusatore, perché non può permettersi di sbagliare e si sente martire /vittima.

4° ETÀ SCOLARE
( 6 – 12 anni )
COMPETENZA

Il bambino, con l’inizio della scolarità sente anche la necessità di ottenere l’approvazione da parte degli estranei. Muove i suoi “primi passi” nella lettura e nella scrittura, inizia ad essere competente e produttivo. Si tratta di un momento molto delicato, in cui il bambino acquisisce una certa sicurezza e padronanza delle proprie capacità, fondamentale per sviluppare in futuro una riconosciuta competenza lavorativa. Le esperienze positive gli danno un senso di industriosità, di competenza e di padroneggiamento.

INFERIORITÀ

Il bambino che, in questa fase, non si sente approvato e sostenuto sviluppa la sensazione di essere incapace di fare bene qualsiasi cosa e prova un senso di inferiorità.

DI CONSEGUENZA:

Se sente troppa competitività rinuncia o non ci prova per non fallire. Ha vergogna e pensa “non sono capace”, ha paura di essere rifiutato. Si arrabbia e accusa gli altri delle sue incapacità oppure si chiude.

5° ADOLESCENZA
( 13 – 18 anni )
IDENTITÀ

Il compito fondamentale dell’adolescente, nella 5° fase, è proprio quello di conquistare la propria identità. Gli adolescenti cercando di rispondere alla domanda “chi sono?” creandosi un’identità sessuale, etnica e professionale. L’ostacolo maggiore per questo compito sta nell’affrontare la parte “negativa” che ogni persona sente dentro di sé e che, se gestita male, lo può far sentire indegno e inadeguato rispetto al mondo. La modalità di difesa più utilizzata per non sentirsi in questo modo è quella di proiettare questo senso di inadeguatezza e negatività sugli altri. Da qui spesso hanno origine i pregiudizi, le discriminazioni, il rifiuto del diverso e persino il crimine. In questa fase viene inoltre integrato il senso della fedeltà ai propri valori e alle proprie ideologie e la capacità di rimanervi coerenti nonostante le inevitabili contraddizioni della vita.

CONFUSIONE DI IDENTITÀ

Se l’adolescente non viene supportato o viene condizionato entra nella confusione di identità.

DI CONSEGUENZA:

Richiede attenzione continua e ha paura dell’abbandono. E’ confuso sul ruolo che deve interpretare e usa nomi diversi dal suo (non esisto, sono ciò che tu vuoi che io sia). È sessualmente disinibito.

6° GIOVANE ADULTO
( 19 – 25 anni )
CAPACITÀ DI INTIMITÀ NELLE RELAZIONI
Con l’età adulta, il giovane avverte la necessità di una relazione intima e appagante che possa essere stabile e duratura, sia a livello di coppia che di amicizia. In questa fase si presenta forte il desiderio di intimità affettiva e di condivisione delle esperienze che può essere soddisfatto se la persona è riuscita a completare il processo di identità.
ISOLAMENTO

Se invece il processo di identità non è stato completato, la persona prova un forte senso di solitudine e sviluppa la tendenza all’isolamento.

DI CONSEGUENZA:

Ha paura di essere respinto ed è incapace di amare. Si chiude in se stesso e si isola dagli altri. Dipende dagli altri.

7° ETÀ ADULTA (prima)
( 26 – 40 anni )
GENERATIVITÀ E CAPACITÀ DI ADATTAMENTO

Nell’età matura l’individuo ormai adulto sente la necessità di generare, di creare, sia nel lavoro, sia nella famiglia. La generatività quindi, non riguarda solo il desiderio di mettere al mondo dei figli e di allevarli, ma di creare qualcosa di utile con il proprio lavoro, di insegnare agli altri la propria esperienza. Questo include, quindi, i concetti sia di produttività che di creatività e costituisce un momento fondamentale sia sul piano individuale che sociale per la possibilità di lasciare qualcosa alle generazioni successive. Se anche questo passaggio viene completato si aggiunge un grande pezzo al significato e alla pienezza della vita.

STAGNAZIONE

L’individuo che non riesce nell’intento generativo si sente vuoto, prova un senso di stagnazione e di inutilità della propria esistenza. Può porsi domande del tipo “cosa ho fatto della mia vita?“ e la sua esistenza rischia di diventare l’attesa della vecchiaia e della morte.

DI CONSEGUENZA:

Nega le perdite e rimane aggrappato a vecchi ruoli gratificanti. Rifiuta nuove soluzioni/cambiamenti e lavora continuamente perché deve sentirsi utile. Dice agli altri cosa e come fare.

8° ETÀ ADULTA (seconda)
( 41 – 65 anni )
INTEGRITÀ (Invecchiamento normale)

L’evoluzione della personalità che continua fino al momento della vecchiaia, porta la persona in questo momento a trovare un senso alla propria vita. E’ lo stadio nel quale si osserva il proprio percorso e si guarda indietro cercando di comprendere se sono stati commessi gravi errori. Si riflette se si è soddisfatti di come si è vissuto o se c’è rimpianto per qualcosa che si poteva fare, che non si è fatto e che è troppo tardi per fare ora. Un bilancio positivo, basato sulla consapevolezza che il viaggio è stato positivo, nonostante le difficoltà e le perdite subite nel percorso, che gli obiettivi importanti sono stati realizzati e rimane poco tempo prezioso per godere della vita, ma senza rimpianti e rimorsi favorisce l’integrità dell’IO. Questo sentimento di integrità permette alla persona di affrontare con calma e serenità anche la paura della morte.

DISPERAZIONE Se gli obiettivi prefissati non vengono raggiunti o se gli errori fatti assumono un valore molto forte rispetto alle cose “fatte bene”, per l’individuo subentra la disperazione del fallimento.

DI CONSEGUENZA:

Perde il rispetto di se stesso. Pensa di non valere più niente e incolpa gli altri dei suoi errori. Si dispera o si deprime.

9° VECCHIAIA
(Dopo i 65 anni)
GEROTRASCENDENZA

L’anziano che durante la sua vita ha saputo affrontare i momenti tristi, le difficoltà, i cambiamenti e ha trovato soluzioni ai problemi, anche di fronte alle perdite inevitabili dell’ultimo periodo della vita, è in grado di adattarsi ed entrare nella fase successiva, quella definita da Erickson “Gerotrascendenza”. Si tratta della capacità di allontanarsi dalle cose materiali, di accostarsi al metafisico e allo spirituale per staccarsi piano piano in modo fisiologico dalla vita ed avvicinarsi al momento della morte in modo dolce e naturale.

RISOLUZIONE SECONDO FEIL

L’anziano entra nella 9° fase in uno stato di disperazione, per via dei compiti irrisolti e l’incapacità ad affrontare le difficoltà. A questo punto della vita si trova, ad affrontare ulteriori perdite legate all’età ma è incapace di gestirle, come il bisogno di morire in pace. Di conseguenza: Entra nel DISORIENTAMENTO

Le perdite del grande anziano

Attraverso questa complessa, ma necessaria premessa, abbiamo visto come Naomi Feil abbia intuito che il grande anziano che non raggiunga l’integrità e rimanga bloccato da situazioni e compiti rimasti sospesi, e quando trovandosi ad affrontare ulteriori perdite di diversa origine, legate all’età, si ritiri nel disorientamento.
Vediamo quali sono le perdite in questione:

Fisiche

  • Perdite sensoriali in generale con calo della vista e dell’udito, del gusto e dell’odorato che modificano la percezione della realtà
  • Aumento del numero e dell’intensità delle malattie che vanno a minare l’autonomia
  • Ridotta o persa capacità di camminare e di muoversi autonomamente
  • Compromissione della memoria a breve termine

Psicologiche

  • Morte di persone care o di coetanei sempre più frequenti
  • Rimozione delle perdite subite durante la vita

Sociali

  • Pensionamento con perdita di ruolo lavorativo
  • Diminuzione dello status e del riconoscimento sociale
  • Perdita dei ruoli ricoperti nella vita

Tutte queste perdite portano l’anziano a ritirarsi in se stesso e nel passato, permettendogli di tollerare il dolore o di evitarlo.
Rifugiarsi in quel passato così conosciuto e sicuro, gli consente di provare ad affrontare l’ultimo compito, la risoluzione.

Ha bisogno di portare alla luce le emozioni represse e rivivere le situazioni incompiute per recuperare la sua dignità mentre prepara le valigie in vista dell’ultimo viaggio.

Chi è allora il grande anziano disorientato?

Si tratta di una persona molto anziana (più di 80 anni) che:

  • ha acquisito modelli di comportamento rigidi
  • si aggrappa a ruoli che non riveste più
  • continua a lottare con emozioni, sentimenti trattenuti e mai espressi e bisogni mai soddisfatti
  • con il deterioramento cognitivo perde la capacità di introspezione e di risolvere le questioni sospese in modo consapevole
  • si ritira dal presente che non accetta
  • si rifugia nel passato per tentare di risolvere le questioni sospese

Se lasciato da solo in questo processo, se non viene ascoltato e i suoi sentimenti non sono legittimati, il nostro anziano si ritira sempre di più nel passato fino ad arrivare ad uno stadio nel quale non ci sarà più comunicazione con la realtà presente, la quarta fase secondo Naomi Feil o vita vegetativa. Naome Feil suddivide il disorientamento dell'anziano in 4 fasi

Se invece c’è qualcuno che riconosce, accoglie e convalida le sue emozioni, esse piano piano si risolvono e il nostro grande anziano può prepararsi a morire in una casa ordinata.

Essere consapevoli di questo meccanismo psicologico descritto da Erickson, serve anche a noi caregiver ed operatori per cercare di invecchiare bene.
Se ci accorgiamo di non aver portato a termine dei compiti di vita nel passato possiamo, anche durante la vita adulta, riprenderli in mano e completarli per raggiungere l’integrità.

Come sempre vi ringraziamo di aver visto con noi un argomento così difficile e nel prossimo appuntamento continueremo il nostro viaggio all’interno del Metodo Validation provando ad individuare come, una volta iniziato il disorientamento, il nostro anziano ci comunichi quali sono i compiti non completati, i bisogni non soddisfatti e le emozioni trattenute.

Vi ringraziamo per essere arrivati fin qui nella lettura e invitiamo a proseguire il percorso di conoscenza del Metodo Validation con Io non mi fido e allora me la prendo con te!

Trovo indispensabile sottolineare che il metodo Validation può essere applicato avendo la consapevolezza che alcuni piccoli suggerimenti, da soli, non potranno portare a risultati “miracolosi”


Patrizia Gelmi Formatrice Validation ®

Ben trovato a chi ha deciso di conoscere il metodo Validation attraverso Storie in Valigia.
Il tema all’interno di Storie in Valigia non ha l’obbiettivo di formare,
esistono infatti incontri e corsi strutturati a questo scopo, ma bensì di “dialogare”.
L’obbiettivo è portare a conoscenza delle famiglie il metodo che ha cambiato negli ultimi 15 anni la mia vita, sia dal punto di vista lavorativo che personale.

Ti stai domandando se il tuo comportamento è corretto?

Hai una storia da raccontare?