ESEMPI DI VITA REALE

Oggi prendiamo spunto da una vostra storia, la storia di una madre disorientata:

“io esco e vado a cercare dove sono i miei figli” o cucina per 4/5 persone in più o resta sveglia fino a tardi perché è convinta che quelli che sono usciti debbano tornare a casa a dormire… non si può sempre lasciarli nella loro convinzione della realtà…”

Voglio ringraziare la persona che ci ha raccontato i suoi dubbi, perché mi offre lo spunto per approfondire una delle situazioni/difficoltà più frequenti, impegnative e soprattutto molto dolorose per tutti i familiari di anziani disorientati.

Se volessimo riassumere in una domanda questa situazione sarebbe:

 “E’ in una realtà solo sua, che non esiste, come faccio a fargli capire che non è vera?”

CHE COSA POSSIAMO COGLIERE DA QUESTO RACCONTO

Dalle parole che leggiamo nella testimonianza sopra si capisce che si è tentato d’intervenire usando la “distrazione”, ma non ha funzionato.
Sicuramente qualche volta è servita a distogliere l’attenzione dell’anziano dal problema per un momento, ma poi il pensiero è ritornato lì, spesso più intenso di prima.
D’altra parte questo succede anche a chi ha una razionalità integra.

Pensiamo a quando abbiamo un problema o un pensiero importante e non riusciamo a non pensarvi, anche se proviamo, costringendoci, a concentrarci su altro. Anche se qualcun’altro prova a distrarci con situazioni gradevoli, magari per un po’ riesce a cogliere la nostra attenzione ma poi, inevitabilmente, la mente ci riporta al problema da risolvere.

Perché dovrebbe essere diverso per l’anziano che è così convinto e preoccupato che i suoi figli siano fuori e non stiano rientrando?

Ma soprattutto, quando noi cerchiamo di riportarlo alla realtà oggettiva (i tuoi figli sono sposati, non vivono più qui da vent’anni e così via) che cosa gli stiamo dicendo?

L’ANZIANO DISORIENTATO E LE NOSTRE REAZIONI

Le nostre parole assumono per lui un significato chiaro:

Non ti credo, quello che dici non è vero, è sbagliato!

E non so voi, ma se a me capita che qualcuno a cui tengo e a cui racconto i miei pensieri, o a cui chiedo un’aiuto in una situazione per me importante, non mi creda, provoca in me una quantità di emozioni molto forti come delusione, tristezza, fino ad arrivare alla rabbia.

Allo stesso modo l’anziano che si vede negare e/o contraddire “la sua realtà” piano piano reagisce, chiudendosi in se stesso se diventa triste oppure, se prevale la rabbia attraverso i cosiddetti “disturbi comportamentali”.

Se invece accoglieremo la sua preoccupazione entrando nella sua realtà, magari parlando di quanto sia difficile per un genitore sapere che un figlio è in giro con tutto quello che di brutto può succedere, oppure di quanto sarebbe bello se le persone che amiamo stessero sempre con noi, o ancora di quanto ci faccia sentire utili e gratificati fare da mangiare per i nostri cari…la sua reazione sarebbe ben diversa.

ENTRARE IN EMPATIA O ANDARE IN CONTRASTO

In questo modo avremo la possibilità di entrare in collegamento empatico con il nostro caro senza dover mentire o confermare una situazione che è reale solo per lui o lei che la vive.

La nostra comunicazione cambierà e il nostro caro disorientato percepirà che:

Ti credo! Condivido la tua emozione…!
Quello che stai dicendo ha valore per me!

E quello che conta è che permetteremo di far uscire alla luce quelle emozioni che fanno così male e che piano piano, esprimendole, perdono d’intensità.

In tutte le situazioni illustrate nell’esempio diventa dunque fondamentale non contrastare la persona, potrebbe essere d’aiuto accompagnarla fuori oppure aiutarla a cucinare o lasciarla alzata, in questo modo rispetteremo i suoi bisogni e ridurremo l’intensità della richiesta.

Entrare invece in contrasto e impedire di fare quello che per lei è importante in quel momento aumenta l’intensità dell’emozione che è dietro la richiesta. ( vedi principio n. 4)

Concludo con quella che forse sarebbe dovuta essere la premessa…

Tutto ciò che facciamo come familiari e operatori è sempre mosso da una buona intenzione e dal desiderio di far stare bene il nostro caro e lui lo sente quindi, anche se sbagliamo (tutti abbiamo cercato di far ragionare, di distrarre, raccontato bugie su mamme che dopo arrivano, parlando di scioperi di autobus che impediscono di andare a casa e tante altre… ) loro ci perdonano, soprattutto quando sentono che noi siamo comunque dalla loro parte.

Certo, sarebbe bello avere la soluzione per ogni situazione però a volte non c’è soluzione ma solo accettazione e, anche nella mia esperienza quotidiana ho constatato che Validation mi solleva dal sentirmi frustrata, semplicemente ricordandomi che posso aiutare tanto il mio anziano arrabbiato o triste o semplicemente preoccupato, spostandomi dalla posizione di chi risponde a quella di chi ascolta e dalla posizione di chi risolve a quella di chi accoglie.

E tutte le volte mi stupisco di come davvero funzioni!

L’ARGOMENTO DEL PROSSIMO APPUNTAMENTO

Ci salutiamo con un ultima frase “A noi sta imparare a rimanere in ascolto” e ci diamo appuntamento con il prossimo articolo sul Metodo Validation dove parleremo di Gruppo Validation: luogo di condivisone delle emozioni.

Ma tenete d’occhio la pagina FB Storie di Alzheimer e il Gruppo di Storie di Alzheimer, sono sempre in arrivo novità!
Qui il link per iscrivervi al gruppo:
https://www.facebook.com/groups/storiedialzheimer/

E come sempre vi invitiamo a condividere in forma privata le vostre storie: « c’è un episodio in cui avete visto “la paura” nel vostro caro

Raccontateci le vostre esperienze, perché i vostri racconti
possono essere d’aiuto agli altri
!

Scriveteci in forma privata a info@storiedialzheimer.it o anche attraverso un messaggio privato all’interno della Pagina Facebook Storie di Alzheimer.

 

Trovo indispensabile sottolineare che il metodo Validation può essere applicato avendo la consapevolezza che alcuni piccoli suggerimenti, da soli, non potranno portare a risultati “miracolosi”


Patrizia Gelmi Formatrice Validation ®

Ben trovato a chi ha deciso di conoscere il metodo Validation attraverso Storie di Alzheimer.
Il tema all’interno di Storie di Alzheimer non ha l’obbiettivo di formare,
esistono infatti incontri e corsi strutturati a questo scopo, ma bensì di “dialogare”.
L’obbiettivo è portare a conoscenza delle famiglie il metodo che ha cambiato negli ultimi 15 anni la mia vita, sia dal punto di vista lavorativo che personale.

Ti stai domandando se il tuo comportamento è corretto?

Hai una storia da raccontare?