Perché ci incolpano di cose non fatte
o si comportano in modo “strano” ?
Per dare un senso compiuto e più concreto a quanto visto nel precedente articolo “Verso il disorientamento: le fasi della vita e i compiti irrisolti” dobbiamo fare un breve accenno a quelli che sono i “bisogni umani di base” e lo faremo partendo dalla cosiddetta Scala di Maslow.
Questo psicologo, che nel novecento si è occupato dei bisogni umani, ha costruito la famosa Piramide
affermando che l’uomo deve prima soddisfare i bisogni primari o fisici
(che possiamo vedere nel gradino più basso) per poter poi passare a quelli del gradino successivo e di seguito agli altri.
Questi bisogni rimangono gli stessi per tutta la vita della persona e, seppur leggermente modificati, valgono anche per il nostro anziano disorientato, che si troverà ad esprimere i bisogni insoddisfatti durante la vita e spesso lo farà, non attraverso richieste verbali, ma con comportamenti che starà a noi interpretare e collegare ai bisogni che vi stanno dietro. (principio n. 6)
Riprendiamo quindi il discorso che riguarda i compiti irrisolti ripercorrendo velocemente quello che comporta nella vita della persona non aver portato a termine quel compito, per cercare di analizzare poi come questo può manifestarsi nel disorientamento.
Ogni compito non acquisito comporta di conseguenza dei bisogni non soddisfatti, li vedremo insieme per cercare di capire meglio le reazioni e i comportamenti dei nostri anziani disorientati.
Prima Infanzia (0 – 2 anni)
La fiducia e il bisogno di amore e sicurezza
Se il neonato non ha acquisito la fiducia, né degli altri né delle sue capacità, non riuscirà a volersi bene, diventerà vittima in cerca di un colpevole, negherà ogni responsabilità.
Crescendo, qualunque cosa gli accada sarà colpa degli altri, delle circostanze, dei compagni di scuola, della maestra che gli ha dato un brutto voto perché è cattiva, da adulto darà la colpa al destino avverso che gli impedisce di avere il lavoro che vorrebbe o al collega “ruffiano”, se la promozione non gli verrà data.
E allora sarà quell’anziano che dimentica dove ha messo le sigarette e incolperà la badante che gliele ha portate via per fumarsele, proprio lei, anche se non fuma.
O ancora, quello che si arrabbia con i figli che gli hanno portato via i soldi che non ricorda di avere speso o con il vicino che parla male di lui perché è invidioso, sarà quello che nasconde le cose per paura che gliele rubino, che accumula gli oggetti più strani oppure il cibo, se nella vita ha sofferto la fame.
Seconda Infanzia (2 – 3 anni)
L’autonomia e i bisogni di amore e stima
Se il bambino viene frenato o rimproverato nei suoi tentativi di fare le cose da solo e non riesce a mettersi alla prova, non potrà sentirsi capace di fare, si vergognerà e avrà paura di sbagliare.
Sarà il bambino e poi l’adulto che evita di sperimentare, che per avere l’approvazione non riesce a dire di no, che non può permettersi di sbagliare per non aumentare l’insicurezza, che proverà vergogna se non riuscirà a fare la cosa giusta o se non ha rispettato le regole.
Diventerà l’anziano che chiede sempre se ha fatto bene, desideroso di approvazione sarà gratificato ogni volta che gli verrà riconosciuto un lavoro ben riuscito o ancora, quello che deve sempre avere qualcuno vicino, che se si trova in struttura segue gli operatori in ogni loro movimento.
Sarà l’anziana che per paura di rischiare di perdere il controllo raccoglie e conserva ogni cosa, infilando nella borsa già stracolma, oggetti raccolti senza distinzione come pezzi di carta, pannoloni, posate, oppure l’anziano che ripone nel cassetto del comodino del cibo che poi non mangerà.
Età del Gioco (4 – 5 anni)
Iniziativa e bisogno di stima / sicurezza
In questa fase esplorativa, anche della sessualità, il bambino che viene limitato e bloccato nei suoi tentativi di scoperta si sentirà in colpa, avrà paura di sbagliare, di essere rifiutato e delle novità.
Sarà il bambino che avrà paura di provare ad andare in bicicletta senza mani, quello che gioca da solo e aspetta che siano gli altri a cercarlo e diventerà l’adulto metodico che fa sempre la stessa strada per recarsi al lavoro, che farà lo stesso lavoro per tutta la vita, anche se non gli piace.
Diventerà quindi l’anziano che di fronte all’errore accuserà gli altri, perché non può riconoscere di aver sbagliato, quello che ad esempio rifiuta di lasciare il bastone per provare un deambulatore che gli darebbe maggiore sicurezza, o che sistemerà le cose sempre allo stesso posto per paura delle novità.
Sarà l’anziano che piange alla minima osservazione.
L’esplorazione repressa della sessualità può trovare espressione in un anziano che fa avance o cerca di “toccare” un’operatrice piuttosto che la badante, o che si spoglia o si masturba tranquillamente in presenza di altre persone.
Età Scolare (6 – 12 anni)
Competenza e bisogno di stima / riconoscimento
Questa fase è caratterizzata dal piacere delle scoperte scolastiche, dei risultati ottenuti a scuola come nello sport e dal riconoscimento degli sforzi fatti, se ciò non accade il bambino si sente incompetente.
Di fronte a questa sensazione possiamo vedere il bambino diventare eccessivamente competitivo e sarà quello che diventerà il più bravo della classe e piangerà davanti ad un voto che non sia eccellente o ancora, quello che ha una crisi isterica se non arriva primo ad una gara di corsa.
Da adulto la competizione verrà spostata in campo lavorativo e avremo la persona che antepone il successo a tutto il resto.
Oppure, al contrario, sarà il bambino che non vorrà fare sport o altre attività, perché convinto di non essere in grado, sarà il bambino che evita il confronto, diventando un adulto passivo con tendenza alla depressione.
Se competitivo diventerà l’anziano che impartisce ordini ai familiari e operatori, come se fossero i suoi dipendenti o sottoposti, che si arrabbia se i vestiti non sono piegati come vuole o al posto giusto.
Se invece ha rinunciato a farsi valere diventerà l’anziano che si rifiuta di alzarsi dal letto, che non partecipa alle attività proposte, che smette di parlare quando fatica a trovare le parole e si chiude in se stesso.
Età Scolare (13 – 18 anni)
Identità e bisogno di amore / appartenenza, identità
In questo periodo se l’adolescente, che ha il compito di ribellarsi e distinguersi dagli adulti di riferimento per costruirsi un’identità propria, non sente la sicurezza del loro amore, per paura di non essere accettato o abbandonato, cercherà di ottenerla “facendo il bravo” e cercando di essere come lo vogliamo.
Di conseguenza avremo il bravo studente che va sempre bene a scuola, il pupillo dei professori, che rispetta le regole e poi l’adulto che fa di tutto per compiacere il capo, sarà quello che non prende posizione per non scontentare le persone a cui tiene.
Diventerà l’anziano che, per paura dell’abbandono, chiederà continuamente attenzione, perché gli fa male la schiena, ha sete, fame, ha bisogno di sistemare la coperta, la maglia…e si sentirà martire o respinto se non verrà accontentato o che, per paura di essere rifiutato dagli altri, si isola.
Anche la sessualità che è stata repressa in adolescenza può venire espressa dall’anziano attraverso avance o tentativi di “toccare” tutte le donne che lo avvicinano, spogliandosi o masturbandosi tranquillamente in presenza di altre persone.
Può essere la signora anziana che si mette a flirtare con tutti i maschi con cui viene a contatto, come se avesse ancora 16 anni.
Giovane Adulto (19 – 25 anni)
Intimità nelle relazioni e bisogno di amore, identità
L’inizio dell’età adulta è il momento nel quale si costruiscono le relazioni importanti, di amicizia e di coppia, se la nostra identità non è forte avremo paura di amare e di essere rifiutati.
Di conseguenza avremo un adulto incapace di amare, di creare relazioni significative, che se viene respinto si isola.
Questo adulto che ha iniziato a chiudersi in se stesso diventerà l’anziano che dipende dagli altri, che se deve chiedere qualcosa userà un tono arrogante, si ripiegherà sempre più su se stesso, farà sempre più fatica a rispondere agli stimoli dell’esterno e inesorabilmente si isolerà sempre di più e dagli altri.
Prima e Seconda Età Adulta (26 – 65 anni)
Generatività e integrità, capacità di adattamento, bisogno di stima e di sentirsi utile
Queste due fasi sono connesse fra loro in quanto appartengono entrambe alla stessa sequenza temporale che caratterizza la vita adulta.
Le necessità di aver costruito una famiglia o qualcosa, in termini lavorativi o sociali, porta la persona ad un certo punto della vita a fare un bilancio di ciò che si è realizzato, bilancio che si interseca con la fase successiva, dove i risultati di quest’ultimo si sommano alle perdite che iniziano a presentarsi con l’avvicinarsi dell’anzianità.
Una generatività e creatività non completamente realizzate, provocano senso di vuoto, inutilità, e attaccamento a quei ruoli gratificanti raggiunti.
Se gli errori fatti sono molti si aggiunge il senso di fallimento e, nello stesso tempo, l’incapacità di far fronte alle perdite impedisce alla persona di trovare soluzioni o accettare i cambiamenti per affrontarli.
L’adulto che, non avendo portato a termine i compiti precedenti e non avendo le condizioni per completare la sua parte generativa, diventerà l’anziano disorientato che, aggrappato al ruolo lavorativo, si aspetterà di essere chiamato ingegnere o maresciallo rifiutandosi di rispondere a qualsiasi altro appellativo.
Sarà l’anziano che ha gestito per tutta la vita un negozio di scarpe che ci chiede continuamente le chiavi per andare ad aprire la “bottega”, oppure l’imprenditore che dice agli altri cosa e come fare o ancora la casalinga che si arrabbia se non può andare in cucina a preparare da mangiare come ha sempre fatto
Può essere l’anziano che, dopo aver fatto l’imbianchino per tutta la vita, prende uno straccio e cerca di imbiancare un corridoio, o ancora, che non riuscendo ad accettare le perdite fisiche, perché diventato incontinente, dà la colpa ad inesistenti perdite dal soffitto, oppure incolpa le lampadine deboli se non ha visto il tappeto rischiando di cadere.
Pensiamo alla signora che si è dimenticata l’appuntamento con il dentista e quando la figlia va a prenderla e non la trova pronta, non ammette la dimenticanza ma si arrabbia e accusa la figlia di aver preso l’appuntamento senza dirglielo. Oppure l’anziano convinto di non valere più niente e che afferma di voler morire, di essere convinto che a nessuno importi se è vivo o morto ed entra nella disperazione.
Questa sensazione di disperazione, se ignorata, si trasforma facilmente in quella forma di depressione carica di emozioni, come rabbia, rancore, ribellione, vergogna, sensi di colpa ma anche di amore non espresso.
Emozioni che sono state trattenute a causa di quello che non si è riusciti a realizzare lungo il percorso della vita.
Vecchiaia (dai 65 anni)
Risoluzione (disorientamento)
L’anziano che è entrato nella disperazione, che non ha risorse per sistemare i troppi compiti rimasti irrisolti e le emozioni trattenute, incapace di affrontare le ulteriori perdite che aumentano con l’avanzare degli anni della vecchiaia, non vede altra soluzione che difendersi da tutto ciò che lo circonda e ritornare nel passato permettendosi, attraverso il disorientamento, di far fuoriuscire tutti quei sentimenti negativi irrisolti e rimasti bloccati.
Per questo l’aiuto più grande che possiamo dare loro, qualsiasi modalità ed espressioni utilizzeranno per esprimere questi sentimenti, che si tratti di accuse, accaparramento o isolamento, è quello di lasciarli venir fuori e accoglierli, per aiutarli a guarire le ferite interiori causate dal trattenere, permettendo loro di concludere in pace il percorso della vita.
Saremo chiaramente avvantaggiati se avremo la possibilità di leggere quello che viene espresso e collocarlo al posto giusto grazie alla conoscenza della storia della persona.
Abbiamo appena fatto un’introduzione ai bisogni, argomento che approfondiremo nel prossimo appuntamento dove esploreremo il principio n. 6.
Vi invitiamo quindi a leggere Quale bisogno si nasconde dietro un comportamento?
Ben trovato a chi ha deciso di conoscere il metodo Validation attraverso Storie in Valigia.
Il tema all’interno di Storie di Alzheimer non ha l’obbiettivo di formare,
esistono infatti incontri e corsi strutturati a questo scopo, ma bensì di “dialogare”.
L’obbiettivo è portare a conoscenza delle famiglie il metodo che ha cambiato negli ultimi 15 anni la mia vita, sia dal punto di vista lavorativo che personale.