QUANDO I FAMILIARI SI COLPEVOLIZZANO PER LE SCELTE FATTE

La scelta di questo argomento, che potrebbe non sembrare direttamente collegato al metodo Validation e all’anziano, deriva da una riflessione recente fatta osservando una figlia che, con grande fatica, si trova da tempo a fare i conti con sensi di colpa molto forti legati alla scelta, estremamente sofferta, di ricoverare la mamma in struttura.

Il peggioramento del disorientamento della mamma stava rendendo sempre più rischioso lasciarla da sola ma, nello stesso tempo, le condizioni familiari ed economiche non rendevano percorribili strade alternative e da qui la necessità dell’inserimento in struttura.

La sofferenza ed i sensi di colpa di questa figlia però interferiscono in modo così evidente da non permetterle di vivere con serenità i momenti che passa con la mamma.
Una situazione che viene percepita dalla signora che reagisce con tristezza e richieste di andare a casa che aggravano ulteriormente i sensi di colpa, creando così un circolo vizioso difficile da interrompere.

Questa vicenda mi ha portata a pensare a quante volte, da operatrice, mi sono trovata di fronte a situazioni analoghe, familiari “devastati” dai sensi di colpa per aver inserito il proprio caro in struttura o anche solo per un “ricovero di sollievo”. Alla sensazione di colpa che riferivano di provare per aver “egoisticamente” pensato alla propria salute o alla stanchezza infinita che la gestione di un anziano a domicilio può comportare.

Il senso di colpa può assumere un’intensità tale da arrivare ad impedire al caregiver (badante) di godere appieno anche di quel breve “momento di sollievo” o dello sgravio dalla fatica e dall’impegno quotidiano che derivano dal doversi occupare costantemente di un anziano, ancora più impegnativo se disorientato.

La domanda a questo punto arriva spontanea, che cosa fa scaturire questo sentimento?

  • La sensazione di impotenza provata nel vedere il proprio caro aggravarsi
    – Non riesce più a camminare o ha perso le autonomie nelle attività quotidiane! –
  • La paura che gli succeda qualcosa che peggiori ulteriormente la situazione
    – Ogni volta che la/lo lascio a casa con la badante sono preoccupata/o che possa cadere, o succedere qualcosa, e mi sento malissimo! –
  • La sensazione di non fare abbastanza, di non dedicargli abbastanza tempo, la paura di fare delle scelte sbagliate.
    – Anche se so che è in struttura per un periodo di ricovero per darmi sollievo, non riesco a stare a casa a non andare a trovarla/o a mezzogiorno e sera, forse facevo meglio a tenerla/o a casa! –
  • La sensazione di non poter fare nulla per aiutarlo o risolvere i problemi che lo affliggono.
    – Tutte le volte che vengo a trovarla/o, alla fine mi chiede di andare a casa, allora trovo la scusa che vado a fare la spesa e poi ritorno, ma quando esco dalla struttura piango per mezz’ora e ogni volta prima di entrare prego che non mi chieda niente per non stare male, mi sento così impotente! –

Di conseguenza quali sono i pensieri che passano per la testa del caregiver?

  • Non sto facendo abbastanza per il mio genitore/ coniuge, devo fare di più, passare ancora più tempo con lei/lui, eliminando ogni possibile svago o momento per me stessa/o.
    – Mi sento sempre più vittima –
  • Non sta migliorando, non sono un bravo figlio/a moglie/marito altrimenti troverei le cure che lo facciano migliorare.
    – Devo fare ancora di più –
  • Sta peggiorando, è colpa mia, ho fatto le scelte sbagliate: struttura, badante, centro
    – Devo fare meglio –

In realtà quando il primo pensiero del caregiver è il benessere del proprio caro è naturale che, in certe situazioni o dopo aver preso decisioni importanti come l’istituzionalizzazione, si possa provare un senso di colpa.
Ma se questo senso di colpa assume un’intensità tale da condizionare lo stato d’animo, impedendo al caregiver di vivere e gioire delle altre cose della vita, significa che sta diventando patologico e pericoloso. Da un lato fa male al caregiver ma dall’altro toglie anche  serenità all’anziano e rischia di rovinare quei momenti che, se vissuti in serenità, fanno bene alla relazione, mentre se vissuti con angoscia ne aumentano l’intensità.

PUÒ IL METODO VALIDATION AIUTARE UN FAMILIARE CHE SI TROVA A FRONTEGGIARE QUESTO STATO D’ANIMO?

Essendo il senso di colpa un’emozione, forse potremmo “accoglierla come faremmo con un’emozione del nostro caro” e trattarla con rispetto, così come cerchiamo di trattare le loro, perseguendo uno scopo fondamentale: il nostro benessere che si riflette e porta benessere anche a loro!

Partendo da questa riflessione ho provato a sviluppare questo mio pensiero e a vedere come, anche da caregiver, si potesse leggere ed elaborare l’emozione “senso di colpa” alla luce di alcuni dei principi elaborati da Naomi Feil per l’anziano:

Principio n° 1: Tutte le persone molto anziane sono uniche e degne di rispetto.

Quindi anche noi, le nostre esigenze e la nostra salute vanno rispettate, ed i primi a doverlo fare siamo noi stessi.

Principio n° 3: Ascoltare con empatia genera fiducia, riduce l’ansia e ristabilisce dignità.

Se siamo fortunati e abbiamo qualcuno che ci ascolta con empatia, approfittiamone!
Ma se questa persona non ci fosse, possiamo imparare ad “ascoltarci” rivolgendoci quell’empatia che riserviamo agli altri, in fin dei conti ce lo meritiamo, siamo persone uniche e degne di rispetto anche noi!

Principio n° 4:  Le sensazioni dolorose che vengono espresse, riconosciute e convalidate da una persona fidata che sa ascoltare,diminuiranno. Le sensazioni dolorose che vengono ignorate o represse prenderanno forza.

Non facciamoci prendere dalla vergogna, parliamo del nostro senso di colpa con qualcuno di cui ci fidiamo e che ci capisce o che sia competente e in grado di aiutarci ad elaborarlo!

Principio n° 5:  C’è sempre una causa dietro al comportamento delle persone mal orientate o disorientate.

Cercare di capire quale causa scateni il nostro senso di colpa ci può aiutare ad accettare meglio il nostro sentire.

Principio n° 6:  Le ragioni che stanno alla base del comportamento degli anziani mal orientati e disorientati possono essere dovute a uno o più dei bisogni umani di base.

Capire quale meccanismo, emozione o vissuto si celi dietro al nostro bisogno di fare abbastanza, di fare sempre le scelte giuste o di sentirsi “un bravo figlio”, può essere il primo passo per superarlo.

Imparare ad applicare questi principi su noi stessi significa riconoscerci un valore, a noi ed alle nostre emozioni.

Riuscire a perdonare le nostre imperfezioni lasciando andare il senso di colpa per godere al massimo di un rapporto più sereno e “libero”con il nostro caro.

L’ARGOMENTO DEL PROSSIMO APPUNTAMENTO

Confidando questi spunti possano essere d’aiuto ai familiari che si trovano a confrontarsi con questo stato d’animo ci diamo appuntamento con il Metodo Validation con l’approfondimento su comeComunicare con l’anziano disorientato attraverso il suo senso preferito”.

E se volete condividere le vostre esperienze, porre delle domande per ricevere un punto di vista o raccontare le vostre”strategie”, quelle che avete trovato per risolvere una situazioni, potete scrivere a info@storiedialzheimer.it o se preferite, inviare un messaggio privato alla Pagina Facebook Storie di Alzheimer.

Ricordate che condividere, in forma anonima, è un’aiuto per chi si trova nella vostra stessa situazione.

Trovo indispensabile sottolineare che il metodo Validation può essere applicato avendo la consapevolezza che alcuni piccoli suggerimenti, da soli, non potranno portare a risultati “miracolosi”


Patrizia Gelmi Formatrice Validation ®

Ben trovato a chi ha deciso di conoscere il metodo Validation attraverso Storie di Alzheimer.
Il tema all’interno di Storie di Alzheimer non ha l’obbiettivo di formare,
esistono infatti incontri e corsi strutturati a questo scopo, ma bensì di “dialogare”.
L’obbiettivo è portare a conoscenza delle famiglie il metodo che ha cambiato negli ultimi 15 anni la mia vita, sia dal punto di vista lavorativo che personale.

Ti stai domandando se il tuo comportamento è corretto?

Hai una storia da raccontare?