Gruppo Validation: luogo di condivisone delle emozioni
IL GRUPPO VALIDATION È…
Quel posto dove si sta bene!
Il martedì mattina alle ore 10, 6/8 ospiti, quasi tutti nella Seconda Fase, si riuniscono nella Sala Gialla, qualcuno riconosce il percorso mentre, per qualcuno, tutte le volte è una novità!
C’è la signora ”Maria” che chiede quasi sempre «dove stiamo andando?» e che, alla consueta risposta «alla solita riunione della combriccola ben unita» (questo il nome che i partecipanti hanno dato al gruppo) a sua volta risponde con un laconico «ah si?!»
Ma tutto cambia quando si apre la porta e vede la saletta con le sedie in cerchio, il tavolo con sopra i bicchieri, la brocca del the, il cestino con i biscotti e la palla blu sul mobile.
Il volto di “Maria” quasi sempre si apre in un sorriso ed esclama «Si sta bene qui, siamo una famiglia!»
FRANCA E IL DISCORSO D’APERTURA
Quando tutti si sono accomodati, dopo il mio saluto in cui ricordo a tutti il loro “ruolo”, arriva il momento del discorso iniziale della “Presidentessa Franca” che dichiara quasi immancabilmente «sono felice di ritrovarvi e vedervi tutti qui, in salute» e poi interviene “Giovanna” che aggiunge «siamo felici quando ci incontriamo, se non ci incontriamo ho la settimana triste»
LA GRANDE ENERGIA CHE ARRIVA DAL CANTO!
LUISA, MARTA E IL CANTO
Subito dopo il saluto di “Franca” è il momento di “Luisa”, la “Direttrice del Canto”, che intona come primo canto Romagna mia e tutti gli altri, tenendosi per mano, cantano con grande partecipazione e spesso, alla fine, qualcuno dà il via ad un grande applauso!
L’energia si fa quasi palpabile e il piacere del canto trova, nelle parole di “Marta”, un senso che fa trovare tutti concordi: «cantare sfoga lo stomaco, perché si fa il punto qui e cantando viene fuori quello che si ha sullo stomaco, cantare fa bene, si rinnova tutto».
LA CHIACCHIERATA ALL’INTERNO DEL GRUPPO VALIDATION
La chiacchierata è il punto cardine dell’incontro e verte sempre su un argomento a valenza universale come “il bisogno di sentirsi utili” piuttosto che” l’importanza della famiglia” oppure “quanto è brutto quando non ci ricordiamo le parole o le cose”, o ancora, “che cosa ci aiuta quando siamo preoccupati per qualcuno che amiamo” o “quanto ci manca la mamma”.
La maggior parte delle volte l’argomento mi viene suggerito da un discorso o dallo stato d’animo di uno di loro, o ancora, da una frase detta mentre ci rechiamo nella sala oppure da qualcosa detto alla fine della riunione precedente, o ancora, prende spunto da un’emozione, un bisogno espresso lì per lì.
TERESA E LA PRECCUPAZIONE PER IL FIGLIO
Ci fu quella mattina in cui “Teresa ” non voleva partecipare e piangeva, perché era preoccupata per il figlio che aveva la febbre.
Si convinse a venire con me solo quando le dissi che, se avesse voluto, avremmo parlato di questo suo problema insieme agli altri.
“Teresa” accettò, la chiacchierata ebbe come argomento la sua preoccupazione e, di quanto tutti noi ci preoccupiamo se qualcuno che ci sta a cuore è malato.
Alla fine dell’incontro “Teresa” disse «vi ringrazio perché sono arrivata che ero triste ma adesso vado via tranquilla!»
L’emozione condivisa diminuisce di intensità
FRANCA E LA TERZA FASE
Ultimamente invece “Franca” parla sempre meno, spesso dorme e sembra si svegli solo quando cantiamo o giochiamo con la palla, mentre durante tutta la nostra chiacchierata sta in silenzio, con gli occhi chiusi.
Sembra davvero che sia immersa nel suo mondo, o che stia proprio dormendo, anche se ogni volta che la invito a partecipare alla riunione accetta senza esitazione e di fronte ad altre proposte di attività ha sempre scelto “l’incontro con quelle donne”.
Lei è entrata nella Terza Fase e anche se partecipa poco, continua ad essere inserita nel gruppo perché è chiaramente gratificata da questi momenti e non presenta comportamenti disturbanti tipici della terza fase, quali wondering o movimenti ripetitivi.
“Franca” si sta spostando verso una maggior chiusura, anche se però, a volte ci sorprende!
In uno degli ultimi incontri infatti, durante la chiacchierata, le è stato chiesto cosa ne pensasse dell’argomento di cui stavamo parlando ed “Olga”, davanti al suo silenzio ed ai suoi occhi chiusi, è intervenuta dicendo «lei dorme».
“Franca” ha aperto gli occhi e risposto subito precisando «non sto dormendo, ascolto con gli occhi chiusi» e poi ha esposto il suo punto di vista, a dimostrazione della sua attenzione.
IL SENSO DEL GRUPPO E DI APPARTENENZA.
GIOVANNA E L’APPARTENENZA AL GRUPPO
“Giovanna” che, come molte persone appartenenti alla Prima Fase, non ama troppo la vicinanza ed essere toccata, durante il canto non volle né dare la mano alle due signore ai suoi lati né cantare.
Le due signore allora, si diedero la mano fra di loro davanti a “Giovanna” , escludendola, e subito lei esclamò «ma così io sono fuori dal cerchio!»
Giovanna allora accettò che le mettessero ognuna la mano su un ginocchio, facendola in questo modo rientrare nel cerchio e soddisfatta di essere di nuovo compresa nel cerchio cantò con entusiasmo.
GIULIO IL DIRETTORE DEL GIOCO
“Giulio”, unico uomo partecipante al gruppo, di indole molto riservata e insicura, il primo giorno in cui è stato inserito nel gruppo, accettò con titubanza la mia proposta di fare il “Direttore del Gioco”, precisando che non sapeva se sarebbe stato in grado di farci giocare con la palla.
Sin dal primo giorno il gioco fu caratterizzato da momenti di grande allegria per la palla, che ogni tanto cadeva, ma anche da tanti “bravo” a “Giulio” da parte delle signore del gruppo, che lo elogiavano per la sua abilità nell’afferrare la palla e tirarla con altrettanta precisione.
Alla fine del gioco sempre lo ringrazio per come ha condotto quel momento e per averci fatto divertire!
Ricordo quel giorno in cui “Giulio” guardò tutte le partecipanti e con le lacrime agli occhi disse «come mi sono esaltato a sentire le vostre voci, mi avete mandato alle stelle!»
L’autostima arriva “alle stelle”
I BISCOTTI CHE MANGIAMO QUI SONO BUONISSIMI!
GIOVANNA E IL MOMENTO DEL THE
“Giovanna” è la nostra “Addetta all’Accoglienza” e la sua predisposizione all’attenzione per gli altri è evidente, durante tutto l’incontro infatti, dà un bacio a una signora, sistema una calza che sta scendendo ad un’altra, porge un fazzoletto a chi ha bisogno, ma il suo momento di “gloria” è durante il rinfresco.
È lei che tutta impettita con il cestino pieno di biscotti fa il giro del cerchio facendo scegliere il biscotto preferito a chi è in grado di farlo mentre, per chi è in difficoltà, sceglie lei un biscotto e glielo mette in mano.
È lei che mette lo zucchero nel bricco del caffè, lo versa nei bicchierini e lo porta agli altri, e poco importa se qualche volta si dimentica di qualcuno, oppure ad un certo punto si ferma, prende un biscotto e si siede a mangiarlo, i complimenti per il the o per il caffè e il “grazie” per «i biscotti che mangiamo qui sono buonissimi!» sono tutti per lei.
IL BISOGNO E IL PIACERE DI STARE INSIEME
Dopo quasi un’ora insieme, arriva il momento di lasciarsi con il “Saluto della Conduttrice” che ringrazia ognuno di loro per il ruolo svolto e spesso chiude il gruppo con delle considerazioni, come: «siamo stati bene, avevamo proprio bisogno di un po’ di compagnia, fosse così tutti i giorni!» oppure «sono contenta che siamo state insieme come sorelle», o ancora, «è proprio bella questa riunione!»
Ricordo un’occasione in cui una Collaboratrice chiese a “Giuliana”, alla fine del primo incontro al quale aveva partecipato come fosse stata, e “Giuliana” rispose «bene, ho avuto piacere dell’affetto!»
IL GRUPPO VALIDATION È PIÙ BELLO!
“Giovanna” alla fine dell’incontro prende l’ascensore per tornare al “suo piano” , la porta però si apre ad un piano prima del suo e lei vedendo degli ospiti seduti a tavola chiede alla Collaboratrice «anche qui c’è un gruppo?» , la collaboratrice risponde «si» e “Giovanna” replica con convinzione «ma il nostro è più bello!»
Ho scelto di raccontare il Gruppo Validation senza parlare di obiettivi, di scelta dei componenti o di svolgimento dell’incontro, ma attraverso le parole di chi partecipa e gode:
- dell’autostima data da un ruolo ritrovato;
- delle soluzioni ai problemi che arrivano dalla saggezza di anime a confronto;
- dell’energia che viene dal canto e dal gioco;
- del piacere di mangiare e bere in compagnia;
- dello stare insieme ed accettarsi senza giudizio;
- della meraviglia di chi non ricorda che c’è la riunione, né dove si svolga, né i nomi di chi partecipa
ma riconosce subito un luogo emotivamente ricco, affettivamente e socialmente gratificante ed una compagnia a cui sente di appartenere.
Perché questo è il vero gruppo, quello in cui io per prima sono grata a chi partecipa, perché mi fa sentire parte di una compagnia che ha creato un legame emotivo fortissimo, che va al di là della memoria e delle capacità verbali e cognitive dei suoi componenti e che ogni volta si rinnova, dentro al gruppo, ma anche nel rapporto quotidiano quando, senza sapere chi sono mi riconoscono.
Credo che questa sia davvero la grandezza del Metodo Validation, che ti permette di costruire o mantenere relazioni forti al di là del disorientamento.
L’ARGOMENTO DEL PROSSIMO APPUNTAMENTO
Confidando che questo articolo vi abbia fatto intuire cosa sia un Gruppo Validation vi diamo appuntamento con il prossimo articolo sul Metodo Validation il 14 settembre, dove parleremo di “Le vostre storie: se cerca o aspetta i figli”
Come sempre tenete d’occhio la pagina FB Storie di Alzheimer e il Gruppo, presto è in arrivo una novità!
Qui il link per iscrivervi al gruppo:
https://www.facebook.com/groups/storiedialzheimer/
Concludiamo con l’invito a condividere in forma privata le vostre storie,
raccontateci le vostre esperienze, perché i vostri racconti
possono essere d’aiuto agli altri!
Scriveteci in forma privata a info@storiedialzheimer.it o anche attraverso un messaggio privato all’interno della Pagina Facebook Storie di Alzheimer.
Ben trovato a chi ha deciso di conoscere il metodo Validation attraverso Storie di Alzheimer.
Il tema all’interno di Storie di Alzheimer non ha l’obbiettivo di formare,
esistono infatti incontri e corsi strutturati a questo scopo, ma bensì di “dialogare”.
L’obbiettivo è portare a conoscenza delle famiglie il metodo che ha cambiato negli ultimi 15 anni la mia vita, sia dal punto di vista lavorativo che personale.
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