L’Alzheimer si porta via tutto, spesso anche gli amici

Alzheimer e amici non è sempre un binomio che va d’accordo e io l’ho visto con i miei occhi.

Mia mamma non ha mai avuto tanti amici, nella sua cerchia c’erano quelle 2 – 3 persone che frequentava da anni e che, con l’aggravarsi della malattia, sono letteralmente sparite.

Ammetto però che, ripensando ai primi tempi non fu così, quando la mamma viveva ancora nella sua casa, mi hanno dato un aiuto, cercando di mantenere alcune sue abitudini.

Le serate con gli amici

La mamma in estate era solita, subito dopo il tramonto, andare in un parco a pochi passi da casa, dove si ritrovava per chiacchierare con un gruppetto di amici.

Dopo l’episodio del disorientamento (la storia QUI) io ero terrorizzata dall’idea che la sera potesse uscire di casa…anche se si trattava di fare poche centinaia di metri, avevo paura che ritornasse quel black out che l’aveva colta quella sera e che al ritorno, invece che seguire dritto in direzione di casa, svoltasse a destra o a sinistra.

Allora alzai il telefono e chiesi alla sua amica se potesse farmi il favore di passare a prenderla per andare al parco insieme e se, soprattutto, potesse riaccompagnarla a casa. 

Lei accettò con qualche reticenza, ma comunque disse di si, e per quel periodo la mamma continuò la sera ad andare al parco vicino a casa.

Poi c’era l’amica che organizzava le serate in pizzeria, la mamma, quando ancora stava bene, era sempre contenta di partecipare a queste attività e fortunatamente, l’amica continuò ad invitarla a queste serate, anche durante il primo periodo di disorientamento.

Io accompagnavo la mamma al punto d’incontro e l’amica, dopo la cena, la riportava a casa.

Mi raccontavano che durante quelle serate la mamma non parlava, non interagiva con nessuno, anche se stimolata, ma a me non importava, per me la cosa fondamentale era che vivesse situazioni stimolanti.

Quando tutto cambiò

Poi arrivò la chiamata dell’Usl e la mamma entrò ufficialmente in struttura (la storia QUI).

Una delle prime cose che feci fu avvisare le sue amiche di questa “novità”, entrambe mi chiesero dove si trovasse e mi dissero che, molto presto, sarebbero andate a trovarla.

Nei primi 2 anni solo una le fece una visita veloce e mai una volta il mio telefono squillò per chiedermi come lei stesse.

Un giorno, l’amica che mai andò, incontrandola, mi colse di sorpresa e senza che io le chiedessi nulla mi raccontò la sua verità.

Mi disse che lei non riusciva emotivamente ad affrontare l’idea di vedere mia mamma e di non ritrovarla per quella che ricordava.

Poi c’è l’altra, l’amica che è andata una volta, lei ogni volta si ostinava a dirmi che sarebbe presto andata a trovarla ma che non aveva mai tempo: “… il lavoro, l’attività sportiva, gli impegni…”

Il mio punto di vista

L’Alzheimer non solo cambiò mia madre, cambiò profondamente anche me, infatti da quel momento diedi un peso molto diverso alle persone e soprattutto imparai a guadarre con occhi diversi quello che fanno gli altri.

Quando sentivo le loro parole provavo per le sue “amiche”, in fondo, una forte tristezza.

Mi fermai quindi a pensare alla loro forte sensazione di disagio per il diverso, alla loro, forse paura, di affrontare i timori o ancora, al voler fuggire dalle cose “brutte” della vita.

Ovviamente questo deserto che si creò intorno a mia madre mi rattristò molto, però ci furono anche le cose belle, come la famiglia, i suoi fratelli, che le sono stati fino all’ultimo vicini.